Signora Ministra,

registriamo con profonda amarezza che anche gli ultimi atti di questa legislatura appaiono coerenti con un disegno che abbiamo da tempo denunciato: riportare indietro di decenni le lancette dell'orologio azzerando gli sforzi faticosamente compiuti per dare all'organizzazione e agli uffici giudiziari un assetto moderno e capace di un efficiente impiego delle risorse.

Il mancato coinvolgimento della dirigenza nei tavoli di lavoro sulle riforme sta portando a tutto ciò.

Languono le riforme che dovrebbero riequilibrare le funzioni della magistratura con politica e amministrazione, mentre marciano spedite quelle tese ad amplificarne oltre il dovuto il ruolo.

Non saranno varati in questa legislatura i decreti legislativi di attuazione della legge delega 17 giugno 2022 n.71 per la riforma dell’ordinamento giudiziario.
È stato invece in via preliminare approvato dal consiglio dei ministri - in piena estate e in tempi di campagne elettorali per il CSM e il Parlamento - lo schema sull’Ufficio per il Processo.

L’art. 3 di detta legge fa carta straccia degli sforzi di separare e integrare produttivamente il circuito della giurisdizione e quello della gestione dele risorse, consegnando ai magistrati capi ufficio anche le chiavi della gestione delle risorse umane amministrative1.

Nessun ruolo nell’Ufficio per il Processo, nonostante sia ritenuto un “cambio di paradigma” epocale per l’organizzazione giudiziaria, è contemplato per la dirigenza amministrativa della Giustizia.

Nella formulazione normativa precedente - quella dell’art. 12, comma 3, del DL 80 del 2021 convertito nella legge n. 113 del 2021 - il dirigente amministrativo era chiamato a “concertare” con il capo dell’ufficio il progetto dell’ufficio per il processo.

Testualmente recita: “nella predisposizione del progetto organizzativo il capo dell’ufficio, sentiti i presidenti di sezione e il dirigente amministrativo e previa analisi dei flussi e individuazione delle eventuali criticità, definisce le priorità di intervento, gli obiettivi da perseguire e le azioni per realizzarli e, conseguentemente, individua il personale da assegnare agli uffici, di concerto con il dirigente amministrativo.

Il capo dell’ufficio, anche avvalendosi dei magistrati da lui individuati, dirige e coordina l’attività degli uffici per il processo e degli uffici spoglio, analisi e documentazione; promuove e verifica la formazione del personale addetto nel rispetto della normativa speciale relativa a ciascun profilo professionale.”

Con questo nuovo decreto il ruolo del dirigente è evaporato. Non ha alcuna voce in capitolo sulla direzione e sul coordinamento, neanche del personale di cancelleria assegnato all’ufficio per il processo.

Si porta a termine, dopo la decennale mancata attuazione della norma di legge (art. 3 del D.Lgs. 240 del 2006) che assegnava al dirigente amministrativo la gestione delle risorse economiche, il depotenziamento e la marginalizzazione completi anche con riguardo alla gestione delle risorse umane.

I dirigenti amministrativi preposti agli uffici giudiziari -gli unici reclutati per gestire e organizzare e gli unici sottoposti alla valutazione e alla responsabilità dirigenziale- vengono relegati in un cono d'ombra e tenuti ai margini dell'organizzazione giudiziaria.

Questa è la “soluzione finale” che chiude una serie coerente di scelte:

  • -  espulsione dei dirigenti di carriera dalla DGSIA loro sostituzione, anche in altre direzioni generali, con funzionari nominati con procedura straordinaria che dovrebbe riguardare al massimo l'8% del ruolo,

  • -  sottrazione ai dirigenti amministrativi della gestione delle risorse economiche,

  • -  preclusione di fatto dello sbocco verso la carriera dirigenziale generale, integralmente

    occupata da magistrati,

  • -  caso unico nella PA, nell’amministrazione giudiziaria è stata pervicacemente evitata

    ogni efficace iniziativa per l’assunzione di nuovi dirigenti amministrativi, cosicché al momento a fronte una dotazione organica di 329 unità i dirigenti di ruolo in servizio sono poco più di 170, con una eccezionale scopertura di ben 159 unità.

    Si può immaginare quanto tutto ciò sia foriero di frustrazione, insoddisfazione e deresponsabilizzazione.

    Né la cosa riguarda soltanto i dirigenti. Nessun ruolo di coordinamento o collaborazione è previsto per gli altri profili professionali del personale di cancelleria. Ogni azione per l’integrazione tra i nuovi addetti all’UPP e il rimanente personale è, così operando, di ardua se non impossibile concretizzazione.

    Anche le assunzioni per l’ufficio per il processo sono disegnate per pregiudicare le politiche di reclutamento del rimanente personale, le cui dotazioni organiche sono destinante a rimanere per lungo tempo gravemente carenti.

    Le 1000 unità a tempo indeterminato per il processo penale di cui all’art. 1 comma 27 legge 134 del 2021 e le 500 per il processo civile di cui all’art. 1 comma 19 della legge 206 del 2021 da destinare all’ufficio per il processo sono ricavate assottigliando il contingente dalle autorizzazioni all’assunzione del personale di cancelleria, di cui all’art.1 comma 858-60 della legge di bilancio per il 2021. Le assunzioni del personale di cancelleria autorizzate oltre gli ordinari piani sono diminuite da 3000 a 120 unità2.

    La destrutturazione dell’assetto funzionale definito dal decreto legislativo n.240/2006, e delle politiche assunzionali, stanno comportando il caos nella governance e nel funzionamento degli uffici giudiziari.

    Ciò è attestato dal clamoroso recente “provvedimento di Ferragosto", quello con cui il presidente del tribunale di Roma ha deciso che dal prossimo 15 ottobre le udienze collegiali

    Per apprezzare ciò è sufficiente controllare il testo originario e quello vigente del citato art. 1 del comma 858. Pag. 3

provenienti dalle decisioni dei GUP subiranno uno stop di sei mesi. Le centinaia di addetti all’ufficio per il processo immessi in servizio recentemente in quell’Ufficio giudiziario a nulla sono valse, in presenza delle gravi carenze dell’organico del personale di cancelleria.

È evidente che i 2,268 miliardi di euro impiegati nell’attuazione dell'ufficio per il processo rischiano così di tradursi nel più colossale spreco di risorse mai verificatosi nella storia della Giustizia in Italia.
Le cancellerie languono di personale e decine di migliaia di unità di personale vengono assunte e rivolte verso quello che - tanto vale dirlo con chiarezza - si configura ormai come un "ufficio del magistrato", affidato alle scelte ed alla gestione di chi dovrebbe pensare alla giurisdizione e destinato a compiti (ricerche giurisprudenziali, redazione di bozze, supporto di vario genere, ecc) già sufficientemente presidiati da altre figure professionali (magistrati ordinari, MOT, magistrati onorari, tirocinanti ex art. 44 e 73, polizia giudiziaria).

Signora Ministra, le chiediamo allora un atto di coraggio che possa essere percepito come un primo segno di inversione di rotta: bloccare e rivisitare completamente il testo dello schema di decreto legislativo sull’Ufficio per il processo.

Per tornare a puntare sul modello di governance, sull’integrazione di distinte professionalità, sull’effettività del sistema, sul ruolo della dirigenza. E non soltanto sulle riforme dei riti processuali e sulle attività di studio, sulla ricerca giurisprudenziale, sulla redazione di bozze di provvedimento.

Diversamente la fosca previsione che ci sentiamo di fare è la seguente:

Le ingenti risorse del PNRR finiranno sprecate. Si potrà ottenere qualcosa in termini di efficacia, ma certo il risultato sarà disastroso quanto ad efficienza, la dirigenza dello Stato abbandonerà la Giustizia optando per Ministeri e Amministrazioni dove ai Dirigenti è consentito ... dirigere.

Attendiamo con preoccupazione e speranza una iniziativa Sua e delle forze politiche e parlamentari, cui ancora stia a cuore il funzionamento della Giustizia in questo Paese.

Nicola Stellato Presidente