Milano, 9 dicembre 2021
Alla Ministra della Giustizia Professoressa Marta Cartabia
Nel piano di rilancio puntiamo sulla Dirigenza di carriera
per salvare il ruolo costituzionale del Ministro della Giustizia
Signora Ministra,
come Dirigenti del Ministero, in servizio presso l'Amministrazione centrale e gli Uffici giudiziari, apprezziamo l’impegno Suo e di tutto il Ministero per l’attuazione del PNRR e la ritrovata centralità dei temi della governance della Giustizia, comprovata dal Suo recente incontro con il Presidente del Consiglio Draghi.
Sentiamo il dovere però dì segnalarLe la necessità di coinvolgere insieme alle rappresentanze della magistratura e dell’avvocatura, la nostra associazione di dirigenti di carriera del Ministero della Giustizia, nei prossimi tavoli di lavoro su questi delicati temi e in particolare sul rafforzamento organizzativo della Giustizia (art. 35 del D.L. 152 del 2021) e sulla legge delega per la riforma del CSM (DDL C. 2681).
Siamo infatti fortemente preoccupati per il susseguirsi di scelte (piccole e grandi) che appaiono disconfermative del decisivo ruolo della Dirigenza di carriera del Ministero della Giustizia.
Non attribuiamo a Lei la responsabilità di indirizzi che si sono consolidati da tempo e frustrano il nostro impegno, ma dobbiamo dirLe con franchezza che non vediamo alcuna inversione di tendenza.
Autorevoli costituzionalisti ed esponenti della avvocatura continuano ad evidenziare i pericoli che corrono il principio costituzionale della separazione dei poteri e la nostra Repubblica, quando una gran parte delle posizioni dirigenziali del Ministero è - come ora - occupata “militarmente” da magistrati, che quelle posizioni si contendono con le medesime logiche che hanno portato al corto circuito del caso Palamara.1
Da qualche anno sta avvenendo anche più di quello che appare:
- magistrati fuori ruolo, che si affollano in ogni variegata posizione ministeriale, occupano non soltanto direzioni generali e dirigenze di uffici di seconda fascia, quanto anomale (e non previste in alcun organigramma) posizioni di "magistrato addetto";
- numerosi magistrati (Rid, Magrif, referenti vari, ecc), pur restando nella giurisdizione, tracimano verso compiti gestionali e governano risorse e scelte tecnologiche, senza alcuna responsabilità o incarico conferito dal Ministero della Giustizia;
1 Una rassegna delle posizioni di autorevoli costituzionalisti nel nostro appello “Magistrati e Dirigenti al Ministero della Giustizia. Cominciamo da qui la riforma della Giustizia. Prima che sia troppo tardi” reperibile nel sito della ADG e in varie riviste quali ad esempio “Il Dubbio”.
- si registra il diffondersi, nelle prime ipotesi progettuali dell’Ufficio per il Processo, di ambigue configurazioni, quasi fosse un Ufficio del Giudice, con risorse amministrative che finirebbero per essere gestite da magistrati e non da chi -come noi- è stato reclutato e formato per gestire2;
- si è completata l’espunzione della dirigenza di carriera dalla Direzione Generale Sistemi Informativi Automatizzati, tramite l’affidamento di tutti gli incarichi dirigenziali a funzionari ex art. 19, comma 6, L. 165 del 2001 (caso più unico che raro in tutta la PA); ciò mentre il PNRR pare mettere in secondo piano gli obiettivi di reingegnerizzazione dei sistemi;
- negli anni è stata scientemente trascurata ogni sana politica di valorizzazione, reclutamento e ricambio generazionale dei dirigenti dell’organizzazione giudiziaria, così avvenuto per decenni anche per il rimanente personale amministrativo3.
Per di più, invece che riconoscere il ruolo manageriale per il quale noi dirigenti siamo stati assunti e formati, i vertici ministeriali - coperti da magistrati - prevedono che i nostri compiti siano sempre meno organizzativi e sempre più esecutivi.
Assistiamo quotidianamente a una “regionalizzazione” o addirittura a una “provincializzazione” di molte incombenze ministeriali, che vengono regolarmente affidate ai dirigenti amministrativi degli Uffici giudiziari: dai concorsi, alla contrattualistica di ogni tipo, per non parlare della sistematica nomina di dirigenti - e non di magistrati fuori ruolo - quali commissari ad acta per l’esecuzione di sentenze di risarcimento danni dovuti, ex “legge Pinto”, a causa dei ritardi dei magistrati stessi nella definizione dei giudizi.
Il ruolo dei dirigenti - ridotti ad esperti o tecnici con compiti esecutivi - è così sempre più distante da quello dei manager pubblici.
Come dirigenti associati, dopo circa due anni di pandemia durante i quali abbiamo dovuto far fronte ad ogni tipo di emergenza, sentiamo di aver titolo a chiedere invece un ruolo da protagonisti nel superamento della “questione organizzativa” della Giustizia.
Con il PNRR siamo tutti chiamati a rifondare le nostre organizzazioni e il Paese.
Dopo il laborioso impegno di un gruppo di lavoro composto dai vertici del Ministero e dai capi e dirigenti amministrativi di Uffici giudiziari distrettuali si era faticosamente arrivati al varo del DPR 175 del 2020, con cui erano state previste articolazioni decentrate del Ministero, con un costo aggiuntivo di 7 milioni di euro legato all’assunzione di personale in deroga (10 dirigenti e 150 amministrativi).
Queste articolazioni avrebbero potuto costituire un’infrastruttura finalizzata a realizzare un adeguato decentramento di tutte quelle attività amministrative e tecniche, inclusa la manutenzione dei Palazzi di Giustizia, che sono sinora state svolte con enormi criticità e difficoltà.
2 Segno inequivocabile di ciò è che la responsabilità del progetto UPP sia stata affidata al direttore generale magistrati, piuttosto che direttore generale del personale amministrativo (anche lui, comunque, magistrato fuori ruolo).
3 Nonostante i tagli delle norme di legge agli organici, a fine anno si è arrivati alla scopertura di 130 su 326 posizioni dirigenziali non generali e di 11 su 13 direzioni generali, essendo le altre coperte sistematicamente da magistrati fuori ruolo e da qualche dirigente a contratto. Con il risultato che al momento sono appena due le posizioni dirigenziali generali (DG Bilancio e Ucan) conferite a dirigenti di carriera.
Con l’art. 1, c. 435, della L. 160 del 2019 era stato modificato anche il comma 2 bis dell’art. 2 del D.Lgs. 240 del 2006, in modo da semplificare la indifferibile rideterminazione dei posti di dirigente di seconda fascia negli uffici giudiziari, anche istituendo un unico posto per più uffici giudiziari4.
Tutto questo lavoro pare ora sia andato in fumo, mentre il baricentro del PNRR è fortemente, ma pericolosamente, centrato sull’Ufficio per il Processo, che mira come noto all’incremento della produzione, ma non dell’esecuzione delle sentenze. A tale modello organizzativo è destinata, per di più, una enorme mole di risorse, tese a finanziare il reclutamento - con rapporto di lavoro precario – di ulteriori 16.645 “giuristi”.
Non possiamo stancarci di denunciare, che i più grossi problemi dell’Amministrazione giudiziaria, che prevede 42.973 persone, 926 immobili e il numero più alto di fatturazioni che si registra nella PA, sono proprio le carenze della struttura organizzativa e di figure con competenze diverse da quelle giuridiche, quali quelle tecniche, specialistiche e manageriali.
Occorre che i riflettori vengano ripuntati sul modello di governance, sull’integrazione di distinte professionalità, sull’effettività del sistema, sul ruolo della dirigenza.
E non soltanto sulle riforme dei riti processuali e sulle attività di studio, sulla ricerca giurisprudenziale, sulla predisposizione di bozze.
Diversamente, si rinuncerà ad ogni possibile riscatto della Giustizia del nostro Paese, al minimo storico nella considerazione dell’opinione pubblica.
Lo scenario che si è delineato rende perciò essenziale una interlocuzione e un incontro con una rappresentanza della nostra Associazione.
Glielo chiediamo con forza e convinzione.
Ci permetta di dire - Signora Ministra - che un Suo prezioso intervento in tale direzione potrà scongiurare non soltanto il descritto progressivo azzeramento dei dirigenti di carriera nel Ministero della Giustizia, ma anche che il Dicastero affidato alla Sua responsabilità appaia agli occhi dei cittadini un inutile e parziale riflesso del Consiglio Superiore della Magistratura.
Molti cordiali saluti
Nicola Stellato presidente